Perché venerdì santo non è una festività nazionale? Ecco la risposta storica che non ti aspetti

In Italia, nonostante la profonda tradizione cattolica e il valore spirituale associato al Venerdì Santo, questo giorno non è considerato una festività nazionale. La ragione storica più sorprendente risiede nella natura stessa della celebrazione e nella storia giuridico-politica del nostro paese. Il Venerdì Santo, che commemora la crocefissione di Gesù Cristo, è riconosciuto come uno dei momenti più intensi della Settimana Santa, marcato da riti solenni e processioni che si svolgono da secoli in molte regioni, ma sul piano civile non è mai stato incluso tra le festività ufficiali del calendario italiano.

Motivi storici e culturali dell’esclusione

La mancanza del Venerdì Santo tra le festività italiane deriva innanzitutto dalla sua connotazione di lutto. A differenza del Natale e della Pasqua, che sono momenti di festa e gioia, il Venerdì Santo è un giorno di riflessione, silenzio e dolore, in quanto si ricorda la morte di Cristo più che un evento di esultanza. Questo ha fatto sì che, anche storicamente, non venisse percepito come un’occasione da sospendere le attività lavorative a livello nazionale, ma piuttosto come un momento da vivere interiormente o all’interno delle comunità religiose locali.

Un altro fattore cruciale è il Concordato tra Stato Italiano e Santa Sede del 1929, che stabilì le festività religiose riconosciute anche come civili. Il Venerdì Santo non venne incluso né nella versione originale del Concordato né nella revisione del 1984, sancendo di fatto la sua esclusione. Mentre festività come Natale, Pasqua, Assunzione e altre specifiche date religiose vennero inserite nel calendario civile, il Venerdì Santo rimase unicamente legato all’ambito liturgico e famigliare.

Confronto con altri paesi ed eccezioni

Nel panorama europeo, il trattamento riservato al Venerdì Santo varia sensibilmente: nei paesi a prevalenza protestante, come Germania o Regno Unito, il Good Friday è un giorno festivo ufficiale. In Italia, invece, le 11 festività nazionali escludono proprio il Venerdì Santo, sottolineando una specificità storica del nostro paese. Questa scelta deriva dalla volontà di distinguere le celebrazioni religiose dalle festività civili, lasciando comunque spazio ai riti, processioni e usanze locali, ma senza un riconoscimento istituzionale generalizzato.

Esistono tuttavia eccezioni locali: regioni a statuto speciale come il Trentino-Alto Adige possono riconoscerlo come festivo nelle zone di maggioranza protestante, benché a livello nazionale non sia ancora equiparato alle altre festività religiose.

Impatto sociale e tradizioni

La mancata festività nazionale non ha limitato, però, la forza identitaria e devozionale del Venerdì Santo. In tutta Italia si tengono processioni suggestive come quelle di Enna, Chieti, Trapani, Laino Borgo e Savona, che coinvolgono dai piccoli borghi alle grandi città, attirando fedeli ma anche turisti e studiosi. La Via Crucis di Roma, guidata dal Papa presso il Colosseo, rappresenta uno degli eventi religiosi più seguiti a livello mondiale e costituisce un elemento di rilievo nel patrimonio liturgico e culturale italiano. L’assenza di una festa civile non sminuisce dunque l’importanza spirituale del giorno:

  • Le chiese coprono le immagini sacre e gli altari con tessuti scuri.
  • Non vengono celebrate messe, fatti salvi i riti penitenziali e la Via Crucis.
  • Le comunità si raccolgono nel silenzio e nel raccoglimento, seguendo tradizioni spesso secolari.

Non è raro che alcune scuole e uffici pubblici rimangano chiusi già dalla giornata di Venerdì, ma questa pratica dipende unicamente dai calendari scolastici e accordi interni o consuetudini locali, non da un obbligo di legge.

Un giorno di lavoro, ma non privo di rilevanza

Nel concreto, il Venerdì Santo è quindi un giorno lavorativo ordinario per la maggior parte degli italiani. La chiusura di scuole o aziende, in alcune zone, è legata alle vacanze pasquali più che a un riconoscimento formale della data. Le regioni del sud Italia e alcuni piccoli centri mantengono tradizioni molto radicate, come la realizzazione di veri e propri quadri viventi o l’organizzazione di processioni storiche che coinvolgono gran parte della comunità.

Per quanto riguarda la religione, ai cattolici osservanti è richiesto di astenersi dal mangiare carne e di partecipare ai riti della Passione, ma queste prescrizioni restano rigorosamente nell’ambito spirituale e liturgico. Nessuna norma prevede la sospensione delle attività produttive o della vita civile a livello nazionale.

Tracce di questa particolarità italiana si ritrovano anche analizzando i motivi storici e culturali diocesani: alcune antiche decisioni conciliare e la tradizione delle diocesi locali hanno sempre conferito al Venerdì Santo una connotazione di raccoglimento comunitario piuttosto che di esultanza pubblica.

Approfondimento sulla liturgia e sulla cultura religiosa

A differenza di molte altre ricorrenze, il Venerdì Santo accentua il valore del silenzio, della preghiera e del ricordo della morte di Cristo. Questa caratteristica ha influenzato non solo la cultura popolare, ma anche la legislazione civile, che ha riconosciuto come festività le occasioni più improntate alla gioia e all’annuncio della redenzione, lasciando il Venerdì Santo nella sfera della spiritualità individuale e comunitaria.

Nei secoli, le processioni del Venerdì Santo hanno assunto forme spettacolari, come la Processione dei Misteri di Trapani o la solennità della Via Crucis a Roma, celebrata dal Pontefice e trasmessa in tutto il mondo. Queste tradizioni, riconosciute patrimonio immateriale collettivo, sono una testimonianza della capacità della società italiana di mantenere vivo il ricordo della Passione di Cristo nelle proprie consuetudini, pur senza la cornice di un giorno festivo ufficiale.

Il Venerdì Santo continua così a rappresentare un nodo fondamentale nell’identità religiosa italiana, in cui la dimensione pubblica e privata si intrecciano profondamente. La celebrazione di questa giornata richiama ogni anno milioni di fedeli a riscoprire i riti della tradizione attraverso la Via Crucis, le processioni e i momenti di meditazione, trasformando il dolore in preghiera collettiva anche senza un riconoscimento concreto sul piano lavorativo e istituzionale.

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